L’ennesima illusione per i tifosi dell’ACR Messina è durata appena 46 giorni, prima di infrangersi sulla brutale realtà dei fatti. Il castello di carte costruito dalla AAD Invest Group di Doudou Cissè, che il 2 gennaio aveva acquisito l’80% delle quote nominando Stefano Alaimo presidente, è clamorosamente crollato alla prima vera scadenza economica.
Tutto sembrava perfetto: una roboante conferenza stampa di presentazione, dichiarazioni ambiziose, una massiccia campagna acquisti orchestrata dal ds Roma che aveva trasformato una squadra in difficoltà, con il nuovo tecnico Banchieri capace di invertire la rotta sul campo. La tifoseria, ancora una volta ingannata, ha vissuto un mese e mezzo di false speranze e rinnovato entusiasmo.
Ma il castello di sabbia si è sgretolato miseramente davanti alla prima vera prova di solidità: il mancato versamento di 135.000 euro di contributi entro la scadenza del 17 febbraio 2025. Persino gli stipendi, a quanto emerge, sono stati pagati solo grazie ai fondi della Lega già accreditati al club e non con risorse della nuova proprietà.
Il risveglio è brutale: una penalizzazione tra i 4 e i 6 punti che piomberà come una mannaia sulla classifica, vanificando gli sforzi di una squadra che sul campo stava conquistando la salvezza. Il Messina precipita così nel medesimo abisso di Taranto e Turris, società che fino a ieri si guardavano con compatimento e che oggi diventano tragicamente compagne di sventura.
L’amarezza più grande è nel constatare l’ennesimo bluff consumato sulla pelle di una piazza storica: 46 giorni di fumo negli occhi, proclami roboanti e false promesse, per ritrovarsi ora sull’orlo di una retrocessione diretta in Serie D. Resta solo da chiedersi come sia possibile che l’ACR Messina continui a cadere nelle mani di figure che si rivelano sistematicamente inadeguate alla gestione di un club professionistico, lasciando una città intera a leccarsi le ferite dell’ennesima delusione.